Il limite

C’è un limite.
Un limite alla libertà di diffondere parole dannate.
C’è un limite alla bestemmia.
Un limite alla provocazione.
C’è un limite allo sgomento.
Un limite all’inettitudine di chi ha consentito, consente e consentirà ancora.
C’è un limite a qualunque libertà.
Un limite alla “libertà alla portata di tutti”.
Un limite alla libertà di soffocamento della libertà altrui.
Un limite a questo confuso e diffuso senso di libertà.
Un limite a questo diffuso e confuso feticcio di cultura.
Un limite allo sberleffo della storia.
Un limite al diritto di portare con sorriso una faccia che più di merda non si può.
Un limite al silenzio complice dinnanzi allo scempio.
Un limite all’abitudine.
Un limite alla libertà del mercato.
Un limite al pane fresco di domenica.
Un limite al caporalato sancito per legge dentro ai centri commerciali.
C’è un limite da rimuovere per una retribuzione cospicua nel giorno di festa a chi è costretto a lavorare nel giorno della festa.
Un limite al limite di maledire e mandare affanculo l’intera filiera.
Un limite…
Ché io non posso far irruzione in chiesa alla messa di Natale e urlare in faccia ai fedeli: “Oggi è nato l’impostore!”
Pena il sovvertimento della preghiera in malabolgia.
Insomma, l’ho detto, la bestemmia offende e va punita.
Un limite alla scelta di lasciare la nave a chi la guida dritta alla scogliera.
C’è un GRANDE limite che si chiama Sfacelo a cui ci stiamo inesorabilmente approssimando con poderosa noncuranza. Di là da quel limite, le regole ancora nessuno le conosce.
Nei giorni che ci avvicinano a quest’anniversario che dovremmo festeggiare come si fa con certe sacre ricorrenze, leggo la mia playlist n. 4 che inizia a suonare in un’altalena di canzoni diverse, di tormento e speranze. Il tutto pare avere un senso compiuto.

Povera patria (Battiato)
Io se fossi Dio (Gaber)
Venderò (Bennato)
Ottocento (De Andrè)
Hey you (Waters)
Segnali di vita (Battiato)
Waiting for the sun (The Doors)
Bella ciao (vers. MCR)
L’impero (Mannarino)
Addio Lugano bella (Gori)
A dumènega (De Andrè)

Sfuma un testo in Maggiore di Gianmaria Testa che fa così:
“Lascia che torni il vento
E con il vento la tempesta
E fa’ che non sia per sempre
Il poco tempo che ci resta.
Lascia che torni il vento
E con il vento la stagione
Ché tutto appassirà
Per chi bestemmia le parole.”

Ecco che si chiude il (mio) cerchio dinnanzi a un cartello da bandire e strappare sul volto del bandito che l’ha scritto e appeso da qualche parte, in questa disperata tornata di tempo. In questa parte scellerata di mondo.

Scusate l’anticipo.
Buon 25 aprile a tutti voi.

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