
Sale il sentiero nel bosco spesso di faggi. C’inerpichiamo fra ciottoli e pietre che si lasciano scansare a volte, oppure no. Oppure sono lì che attendono il nostro piede incerto per dargli uno slancio nuovo. Sale il sentiero, sempre più duro e vivo. Si prende il nostro respiro in cambio d’ossigeno. Il cielo di montagna, quando c’è, diventa limpido all’inverosimile. In mezzo al fitto degli alberi non lo sai più. Il sentiero è una ferita slabbrata che taglia la faccia al bosco e si arrampica a quel cielo. Ne seguiamo la traccia e il sangue. L’odore che sento è di animale che non si fa vedere. E d’acqua gelata che scroscia e vorrebbe bagnarti dal costone più alto. Scattiamo una foto che è come profanare un luogo sacro. Il bosco a un certo punto si prende tutto. Fatica pensieri luce. Saliamo ancora, insieme alla montagna. Puntiamo i bastoni a terra a darci un’altra spinta. Le ginocchia piegano senza arrendersi. Un cane ci abbaia di spalle fino a superarci e scomparire nella macchia. “Ottooo”, gli urla inutile la ragazza. Fa una curva secca il sentiero oltre una pianta slanciata in aria maestosa che svela il pieno delle sue radici come fosse una grandissima gnocca che si mostra senza l’intenzione di darsi a chicchessia. Tiriamo il fiato e proseguiamo. Siamo cacciatori disarmati e affamati. Fa freddo nel bosco quando il resto del mondo muore di calura e siccità. Pare un tempo che corre al contrario il nostro, di chi è in cerca di cose che non ha voluto scoprire da bambino. Spiana il sentiero e diradano gli alberi alla fine, e si stende il lago davanti a noi. Beviamo le ultime gocce dalla bottiglia e ci scambiamo saliva in un cenno di bacio che non serve a dissetarci, basta solo a sentire quel che resta dei nostri profumi. Il cielo torna a sommergerci con uno strato rinnovato di bianco. Lo specchio d’acqua immobile riflette il verde del pendio. Otto riappare dal sentiero, salta agilissimo sopra i rami e i sassi verso la sponda. Si tuffa e nuota come neanche Michael Phelps nei giorni migliori. Avanti e indietro senza tregua. Il lago lo sa e prende a cullarsi intorno al suo danzare.