
Ho dato una ripulita al soggiorno. Non è proprio così. Ho solo tolto uno strato spesso di polvere ai nostri libri, e molti di loro, specie quelli all’ultimo piano delle mensole che tagliano in lungo le pareti, li ho maneggiati a fondo con fogli di Scottex bagnati di alcol. Uso sempre l’alcol quando lucido certi oggetti che mi stanno a cuore. Uso alcol sulla tastiera della chitarra allorché s’impigrisce e comincia a respingere più stizzita del solito le mie dita impacciate. Uso alcol con gli ultimi cd superstiti che ancora resistono eroici alla loro inutilità e al tempo che trascorre feroce. Uso alcol anche con i tasti e lo schermo del notebook per meglio mettere a fuoco i vecchi video su You Tube e le cazzate che scrivo. E poi lo uso, di quello buono, all’occorrenza, per sciacquarmi palato e stomaco e godere di un piacere che mi dicono avere poco o niente di sano. Ho impiegato un giorno intero, nove ore di lavoro, olio di gomito in abbondanza, rinunciando perfino al pranzo, per passare al setaccio ogni centimetro ed angolo di libreria. L’ho svuotata metro su metro e una volta strofinato tutti i ripiani ho fatto lo stesso con le costole e il bordopagina di ogni singolo esemplare. Ho lanciato uno sguardo rapido al titolo e all’autore di ciascuno. Ho scorto tracce nitide della nostra vita, lì a ricordarmi, nero su bianco, che quella vita c’è stata davvero; abbiamo trovato sempre una stagione nuova per attraversarla insieme io e lei, tenendo dietro ad idee distanti nell’approccio alle cose del mondo; ne siamo stati invece attraversati, in certi altri momenti duri, dalla vita, aggrappandoci ai nostri pensieri che si riempivano di una reciprocità profonda, figli in qualche modo delle stesse parole impresse su tutta quella carta. Non farò in tempo a leggere quello che ancora mi rimane da leggere tra le mensole del nostro soggiorno. Neppure se smettessi di acquistare per sempre nuovi libri. A tal proposito l’occasione mi è servita per fare un po’ di spazio. Ho riempito una scatola di vecchi Ludlum e Lee Child che ho consumato come faccio con le insalate Rio Mare e i fagioli in scatola Coop. Ho sbirciato tra i testi universitari di mia moglie senza trovare niente – grazie a dio – che assomigliasse al martelletto da roccia che Andy Drufesne nascose nel cavo della sua bibbia. Poi mi sono stupito. Di E.t.a. Hofmann di cui ignoro i racconti. Di Nikolaj Gogol e delle sue anime morte che non dovrò più preoccuparmi di comperare una buona volta. Degli scritti di Leonardo Sciascia che, sparsi a pioggia sui ripiani, paiono vigilare su tutto il resto. Mi sono seduto alla fine stanco e impolverato sopra al divano che dividiamo in famiglia alla sera quasi senza accorgercene. Il miracolo vero, ho pensato, è sfuggire di continuo alla tragedia che tocca in sorte a miliardi di uomini e donne della nostra stessa Terra, così come ci rivela Gianmaria Testa – autore e interprete mai celebrato abbastanza -, stavolta in un testo di canzone bellissima: “un abitare magro, magro, che non diventa casa”.
Mi sono impegnata, almeno per questo periodo, a non acquistare libri nuovi e cercare di leggere quelli che giá possiedo: è verissimo che le nostre librerie sono piene di testi che non abbiamo letto e che forse non leggeremo mai!
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Anch’io mi impegno sempre a farlo, proprio come te. E ogni volta, se posso, esco sconfitto.
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Come ti capisco!
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